In Anti & Politica, Economia

lenin grillo movimento libertarioDI ALESSANDRO RICO

Il Movimento 5 Stelle ha lanciato la sua proposta per l’introduzione del reddito di cittadinanza, e pare che qualcuno l’abbia preso sul serio. Vale allora la pena enunciare almeno due ragioni di contrarietà al progetto dei grillini, di ordine economico e di ordine etico.
Le considerazioni di tipo economico richiedono una chiara consapevolezza del disegno complessivo dei 5 Stelle: dal loro punto di vista, il reddito di cittadinanza non è che il primo passo verso la «decrescita felice».Grillo lo dichiara in modo abbastanza esplicito: la disoccupazione è un falso problema, l’espansione non è sostenibile, bisogna ridurre la produttività e i consumi e quindi lavorare di meno, cercando la felicità (così suppongo) in qualcosa di diverso dal benessere, dall’impegno professionale o dal prestigio sociale. 
Per avvalorare la sua tesi, Grillo si è servito persino di argomentazioni simil-luddiste e simil-marxiane, sostenendo che anche a voler rilanciare l’occupazione, le innovazioni tecnologiche finirebbero con il ridurre il fabbisogno di manodopera, incoraggiando la concorrenza tra lavoratori e quindi spingendo in basso i salari. Una clamorosa stupidaggine. Pure un bambino si accorgerebbe che lo sviluppo della tecnica, anziché ridurre l’occupazione e ingrossare l’«esercito industriale di riserva», ha creato innumerevoli opportunità di lavoro e investimento. E solo un cretino si lagnerebbe del fatto che una gru possa sostituire centinaia di operai: uno dei motivi per cui gli Egizi non avrebbero saputo che farsene di un braccio meccanico, era che disponevano in abbondanza di schiavi. Altro che guerra tra poveri.Ma al di là delle strampalate dimostrazioni del comico genovese, bisogna mettere in luce due questioni. Anzitutto, sembra lecito attendersi, dall’introduzione del famoso assegno di 600 euro, l’innesco di una spirale inflazionistica: in un primo momento, per l’ovvia esigenza di adeguare i profitti al livello dei redditi; poi, come effetto finale di un innalzamento dei salari. Ma quel che è più preoccupante, quel che infine conduce all’iperinflazione, è il problema delle «coperture». Per ora, si possono individuare voci di spesa da tagliare. Si può supporre anche di depredare i ricchi, ammesso che costoro accettino di diventare gli agnelli sacrificali di questo scempio assistenzialista e, anziché fuggire in Svizzera, continuino a produrre e a farsi salassare. Prima o poi, però, non ci sarà più nulla da tagliare e nessun ricco da tassare. Motivo per cui si dovrà uscire dall’Unione Europea e dotarsi di una Banca Centrale che stampi moneta. Con un’economia che dovrebbe decrescere, con una sommatoria di beni e servizi sempre più bassa, la crescente massa di denaro circolante diverrebbe carta straccia, non avendo alcun corrispettivo «reale». Per non parlare della sciagura politica che si nasconde dietro la fantasia veterotestamentaria dei fiumi di latte e della manna dal cielo: la follia, cioè, di affidare la linfa del sistema economico a un manipolo di burocrati, sia pure eletti dal popolo – anzi, l’elezione diretta configurerebbe uno scenario persino peggiore. Almeno, Draghi deve preoccuparsi di rispettare regolamenti comunitari; immaginate in che modo un politico userebbe la leva monetaria per condizionare l’opinione pubblica.
Passiamo al motivo etico. Mi viene in mente la concezione di Locke del lavoro come fonte dei diritti di proprietà: operando sulla natura, l’uomo vi trasferisce qualcosa di suo, anzi, qualcosa di sé. Ed è per questo motivo che può appropriarsi di ciò che risulta dal suo intervento. Si può pensare allo stesso Marx, che proprio sull’importanza del lavoro come strumento di oggettivazione dell’essenza dell’uomo, fonda la sua teoria del plusvalore e dell’alienazione. Per il filosofo di Treviri, il processo produttivo è un processo di valorizzazione, cioè il lavoro aggiunge all’oggetto del valore: di questo surplus si appropria il capitalista, che rivende il prodotto a un prezzo più alto del salario corrisposto all’operaio. Di qui, l’alienazione: la spoliazione di se stesso che l’uomo sperimenta quando il suo aguzzino lo priva del prodotto del suo lavoro, in cui aveva oggettivato la sua essenza.

Un mondo in cui le persone siano pagate dallo stato per non lavorare è un mondo immorale. Un uomo al quale non sia concessa la possibilità di realizzarsi in una professione (pensate che in tedesco, la radice Beruf è comune sia a «professione» che a «vocazione»), di compiere la sua essenza sociale producendo beni e servizi da scambiare con quelli di altri uomini, usando come intermediaria la moneta, è un uomo disumanizzato; parafrasando Aristotele, è simile a una bestia o a un dio. E considerando che pure Dio ha lavorato per sei giorni, scarterei la seconda alternativa.
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Showing 2 comments
  • fabio

    non solo.
    chi rompe paga! ma se non rompo, se non faccio danni, NON devo pagare altrimenti si definisce rapina.

    ora, te nasci… che colpa ho io?
    oppure, tu sei cittadino… io cosa ho fatto di male per essere, io, punito? Perché devo pagare? Perché aggredirmi e portarmi via parte dei frutti del mio lavoro, dei miei risparmi?

    ma è tanto semplice, solo un idiota come me si ostina a non capirlo: se lo fa uno è un rapinatore, se lo fanno in 10 rapinatori sono banda armata, se lo fanno in mille è associazione mafiosa, se sono in milioni è democrazia, la famosa (o famigerata), miracolosa, santa subito, democrazia!

  • Fabio

    il progettoinvece andrà avanti.
    perché ormai la svizzera è diventata per l’europa quel che san marino èper l’italia: sottomessa, inoffensiva, insignificante ed ubbidiente.
    e perché la massamonetaria è ormai fuori controllo, secondodebito pubblico al mondo, nessuna intenzione di fermarsi, con tutte le valute mondiali in pieno suicidio economico concordato a livello pianetario (yen e dollaro con parità fissata 1 a 1, parità dollaro euro fissata a 1 a 1,2 e parità franco svizzero euro 1 a 1,2 )

    ci manca solo il governo unico mondiale, ovviamente giustificato per lottare contro i paradisi fiscali e le evasioni fiscali…. mi ricorda tanto la storia di Rye, porto libero di gente che faceva quel che gli pareva e piaceva, sulla costa meridionale dell’inghilterra. Durato fino a quando i potenti dell’epoca non si sono coalizzati,in nome della loro giustizia, e lo hanno raso al suolo.

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