In Anti & Politica, Economia

DI CARLO CAGLIANI

Siamo nell’epoca delle vacche magre, l’impoverimento inizia dall’evaporazione del risparmio e dove non c’è risparmio, non c’è capitalismo sano, quello vero, non quello fondato sul debito.

A parte i numeri dell’Istat sugli 8 milioni di poveri (conseguenza degli ultimi 4 lustri di governo), ci sono altri dati che circolano da tempo: “Il risparmio delle famiglie è crollato negli ultimi vent’anni del 60% mentre il ‘mattone’ si conferma il bene rifugio per eccellenza”. E’ uno studio della Confcommercio in un’analisi basata su dati ufficiali dell’istituto di statistica italiano secondo cui dal 1990 ad oggi il risparmio complessivo delle famiglie italiane si è ridotto di circa 20 miliardi di euro. «Se all’inizio del periodo per ogni 100 euro di reddito se ne risparmiavano 23 – lamenta l’associazione – oggi le famiglie riescono a metterne da parte meno di dieci. Nello stesso periodo – prosegue la nota – con un reddito disponibile stagnante e sostanzialmente invariato dal 1990 al 2010, il risparmio annuo pro capite, in termini reali, si è ridotto di quasi il 60% (circa 4.000 euro nel 1990, 1.700 euro nel 2010); un terzo delle famiglie italiane ritiene l’investimento in immobili la principale forma di utilizzo – soprattutto a fini cautelativi – del surplus monetario».

Povera Italia, paese in via di sottosviluppo! In buona parte, la ragione di questa contrazione è tutta dentro la prolungata riduzione del reddito disponibile delle famiglie, per via dell’aumento del costo della vita, delle tasse, della burocrazia. E delle demenziali finanziarie dei Visco e dei Tremonti. Rispetto a venti anni fa, l’Italia avrebbe bisogno di maggiore risparmio e invece le condizioni economiche non lo consentono. La gravità della stagnazione dei redditi nel periodo pre-recessione e la profondità della caduta dei redditi durante la recessione del biennio 2008-2009 si vedono meglio, dunque, attraverso la lettura delle statistiche sul risparmio rispetto a quanto emerge dalle valutazioni sulle dinamiche dei consumi.

Di risparmio ce ne parecchio in giro, si tratta di quello accumulato dai nostri nonni e padri. La disgrazia è che quella montagna di soldi (4 volte il valore del debito pubblico, e vero ammortizzatore sociale) è ambitissima dai padroni del vapore, che hanno mandato in avanscoperta – un paio di mesi fa – tale Giuliano Amato per lanciare l’idea di una patrimoniale da 30.000 euro a famiglia.

Purtroppo, come scrive da sempre questo sito, nelle ultime due decadi è mancata completamente la volontà di riformare questo paese. Alle rivoluzioni liberali continuano a credere in una dozzina di persone, non di più. Se si analizzano i dati micro e macro econonomici, a partire dal 1992 ad oggi, ci si rende conto che non solo il debito pubblico è aumentato, ma che la pressione fiscale ha raggiunto livelli impensabili (69,8%), che l’apparato statale continua ad essere voracissimo e che la casta politica non può fare a meno di un clientelismo sempre più famelico. A ciò, si aggiungano le privatizzazioni mai fatte e quelle fatte male.

Un barbiere che lavora al parlamento, però, guadagna 11.000 euro al mese. Ci sarà un motivo per cui, dopo la Romania, l’Italia è il paese col maggior numero di emigranti in Europa no?

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Showing 7 comments
  • Maximus

    Precisazione : i barbieri in questione sono tutti TERRONI.

  • Leonardo Facco

    POSTO QUESTA A NOME DEL SIGNOR ROBERTO PORCU’, CHE ME LA HA INVIATA VIA MAIL:
    Nel leggere l’articolo di Carlo Cagliani mi è sovvenuto un passo della Storia d’Italia di Montanelli e Cervi: andatolo a ripescare, lo ho copiato e penso di far bene a riproporvelo.

    …………. ma nello stesso tempo Diocleziano condusse a termine la riforma assolutistica dello stato già iniziata da Aureliano ………. Il suo fu un esperimento socialista con relativa pianificazione dell’economia, nazionalizzazione delle industrie e moltiplicazione della burocrazia. La moneta fu vincolata ad un tasso d’oro che rimase invariato per oltre mille anni. I contadini furono fissati al suolo e costituirono la “servitù della gleba”. Operai e artigiani vennero “congelati” in corporazioni ereditarie, che nessuno aveva il diritto di abbandonare. Furono istituiti gli “ammassi”. Questo sistema non poteva funzionare senza un severo controllo sui prezzi. Esso fu istituito con un famoso editto del 301 dopo Cristo, che tuttora rappresenta uno dei capolavori dell’economia controllata. Tutto vi è previsto e regolato, salvo la naturale tendenza degli uomini alle evasioni e la loro ingegnosità per riuscirvi. Per combatterle, Diocleziano dovette moltiplicare all’infinito la sua ” Tributaria”. In questo nostro Impero , brontolava il liberista Lattanzio, di due cittadini, uno è regolarmente funzionario . Confidenti, sovrintendenti e controllori pullulavano. Eppure le merci venivano ugualmente sottratte agli ammassi e vendute alla borsa nera, e le diserzioni nelle corporazioni di arti e mestieri erano all’ordine del giorno. Piovvero gli arresti e le condanne per questi abusi, patrimoni di miliardi furono distrutti dalle multe del fisco. E allora, per la prima volta nella storia dell’Urbe, si videro dei cittadini romani attraversare di nascosto i “limites” dell’Impero, cioè la “cortina di ferro” di quei tempi, per cercare rifugio tra i “barbari”. Sino a quel momento erano stati i “barbari” a cercare rifugio nelle terre dell’Impero agognandone la cittadinanza come il più prezioso dei beni. Ora avveniva il contrario. Era proprio questo il sintomo della fine……..

    Penso che errare sia umano, ma lasciarsi governare da chi non sa fare tesoro delle esperienze passate, sia da idioti.

    Che sia per non farlo capire ai sudditi, che ministri “illuminati” abbiano bandito lo studio della Storia dai programmi scolastici ?

    • Leonardo Facco

      ESATTo. SEMPLICEMENTE DELLE CANAGLIE!!!!!!!!!!!!!!!!

  • zenzero

    Essermene andato dodici anni fa è stata la mia scelta migliore. E con me se ne sono andati anche i risparmi che avevo.

  • GattosulWeb

    “Segnalo i punti, a mio giudizio devastanti, della nuova manovra fiscale per chi ha una partita IVA con il regime dei minimi, cioè con una tassazione minima, visto l’impossibilità di fare grossi fatturati. La nuova norma (Tremonti) prevede che chi ha compiuto 35 anni di età non può più rientrare nei minimi. Peccato che chi non fa grossi fatturati non può passare al regime “normale”, in quanto è necessario un fatturato minimo di 35.000 euro l’anno per non fallire (per colpa delle tasse). Chi ha aperto, come me, l’anno scorso una partita IVA per lavorare onestamente pagando le tasse commisurate al volume d’affari, dovrà chiudere. Bisogna anche considerare (per capire meglio la malvagità di tale provvedimento) che usciranno dai minimi 550.000 partite IVA (minimi) su 600.000, cioè quasi tutti. Sottolineo che chi è nei minimi non può passare alla tassazione normale perchè non ha un fatturato sufficiente a garantire l’attivo. Non è la solita polemica per pagare meno, è un fatto di sopravvivenza! Può uno Stato provocare la chiusura di mezzo milione di partite IVA? Quanto costerà a tutti?”. Studio GattosulWeb

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